Riflessioni di un’IBCLC, allattare i primi giorni

Spesso, per far partire bene un allattamento, è utile dimenticare completamente quello che abbiamo visto e imparato sull’accudimento dei bambini fino al momento in cui partoriamo i nostri figli. Mi rendo conto di quanto sia difficile anche solo pensarlo, figuriamoci farlo… La nostra cultura ci spinge a considerare i bambini come esseri separati da noi, ci viene detto che i neonati hanno dei bisogni fisici che non riescono a soddisfare da soli, ma nessuno ci spiega che il primo bisogno di un bambino è lo stesso che ha la mamma: il bisogno di affetto e di appartenenza. Nessuno ci dice che se i bisogni emotivi sono soddisfatti sarà più semplice soddisfare quelli fisici e di conseguenza anche allattare.

Generalmente, il primo messaggio che ci arriva e che crea confusione è che il bambino può essere accudito e nutrito da chiunque, in parte è vero, ma questa situazione non ha nulla di fisiologico, semplicemente, l’essere umano è altamente adattabile all’ambiente che lo circonda. Studi fatti attraverso l’ipnosi regressiva ci mostrano come, nonostante il neonato sia un un essere umano neurologicamente molto immaturo rispetto a qualsiasi altro mammifero, ha comunque le proprie idee e i propri pensieri e che, il primo pensiero di un bambino, quando viene separato dalla madre, è questo: “Dov’è la mamma?”. Si sente incompleto, esattamente come succede alla madre che viene separata dal proprio bambino.

Appena la mamma e il bambino hanno la possibilità di stare insieme indisturbati e senza condizionamenti, si instaura tra loro un rapporto, sia fisico che psicologico. Se questo contatto avviene nell’immediato dopo parto è molto più facile far partire una allattamento; nel momento in cui mamma e neonato si studiano e iniziano a conoscersi, tutti i cinque sensi sono attivi al massimo, il contatto pelle a pelle attiva nel neonato l’istinto a succhiare, una sorta di esplorazione del corpo della madre attraverso la bocca. In quel momento non è importante la quantità di latte che viene assunta ma la stimolazione dell’istinto del piccolo e degli ormoni materni che si attivano attraverso la suzione.

Troppo spesso questi magici momenti sono disturbati da un’ambiente poco consono a celebrare il miracolo di una nascita. Medici, ostetriche, puericultrici e infermiere girano continuamente attorno alla diade mamma – bambino. Luci troppo alte nelle sale parto, adatte a permettere l’osservazione medica ma non a rispettare i primi sguardi di un neonato. Osservazione del secondamento, suturazione di eventuali lacerazioni, controllo del neonato, bagnetto, bilancia, ecc….tutto questo spesso ritarda o interferisce con la prima poppata.

A questo punto già ci siamo persi la prima ora di vita di nostro figlio, il momento in cui è più vigile e attivo, in cui il bimbo è maggiormente disposto ad interagire con noi. Se siamo state fortunate siamo riuscite ad attaccarlo al seno e il suo primo imprinting a livello orale è stato con noi. Se ci è andata peggio, il bambino è stato portato al nido per fare i controlli e il suo primo imprinting a livello orale è stato con una tettarella di gomma che è servita a calmarlo.

E’ molto importante che le prime poppate del bambino siano fatte al seno senza forzature. La suzione alla tettarella è completamente diversa da quella al seno e spesso lascia un’impronta indelebile che segna il bambino. Ho visto moltissimi bimbi che rifiutavano il seno, perché è stato offerto loro forzatamente o perché sono stati sviati nel loro istinto da ciucci e biberon.

Comunque siano andate le prime ore, ci ritroviamo poi in stanza con il bambino. Riusciamo a riconoscerlo, a sentirlo nostro o ci hanno già dato l’impressione di poter essere sostituite tranquillamente in ogni momento? E’ tranquillo o piange? La maggior parte dei neonati è piuttosto attiva durante le prime 48 ore di vita, cosa facciamo se è irrequieto? Chiamiamo una puericultrice, lo dondoliamo o lo attacchiamo al seno?

Da quali fattori dipende un buon avvio dell’allattamento?

In buona parte da quelli elencati sopra, sostanzialmente, se una madre riesce a far poppare presto il suo bambino, il bimbo succhia correttamente e lei lo attacca al seno spesso non dovrebbe aver problemi ad avviare correttamente l’allattamento, ma su tutto questo incide anche l’aspetto psicologico e culturale.

Troppo spesso ho visto le madri sentirsi impotenti davanti al proprio neonato che piange, senza rendersi conto che la natura ha fornito loro le capacità e gli strumenti per accudirlo egregiamente. Troppe madri chiedono ancora: ”Davvero posso allattarlo ancora? Non lo vizierò? Non devo far passare un tempo X dall’ultima poppata?”

Il latte materno è altamente digeribile e la maggior parte dei neonati è programmata per poppare poco e spesso, alcuni succhiano anche ogni ora. Il seno non è semplicemente nutrimento, in un certo senso supplisce al cordone ombellicale, dona sicurezza e conforto al bambino e aiuta il riconoscimento da parte della madre. Un bimbo può volersi attaccare al seno per fame, sete, dolore e semplicemente perché ha bisogno di coccole.

Il neonato non necessita di grosse quantità di latte, all’inizio il suo stomaco può essere paragonato ad una biglia di vetro e dopo una settimana ad una pallina da golf. Non ha senso pesarlo ad ogni poppata per vedere quanto latte assume, è sufficiente osservare i pannolini: dal terzo/quarto giorno di vita dovrebbe bagnare almeno 5/6 pannolini di urina trasparente e inodore e sporcarne almeno due di cacca.

La crescita è buona quando il bambino recupera il peso alla nascita entro le prime due settimane di vita, dopo il calo fisiologico e cresce almeno 140g a settimana.

L’istinto del bambino lo porta a succhiare correttamente e questo è importantissimo perché ci sia un adeguato trasferimento di latte. La poppata dovrebbe essere piacevole, ma se la madre prova dolore allattando o ci sono ragadi, significa che l’attacco e/o la posizione al seno sono da migliorare.  Nel caso ci siamo dei dubbi sull’efficacia del trasferimento di latte o su attacco e posizione è importante rivolgersi al più presto ad una persona competente che sia in grado di valutare una poppata.

Secondo la mia esperienza, il motivo per cui la maggior parte delle mamme smette di allattare è la paura di non avere abbastanza latte. E’ un dubbio terribile che fa stare malissimo i genitori che, a volte, vengono colpevolizzati in maniera pesante da pediatri e operatori sanitari.

In realtà ci sono molti motivi per cui un bimbo non assume abbastanza latte: poppate troppo distanziate, attacco e posizione scorretti, problemi anatomici della bocca, uso di succhiotti, altri liquidi somministrati al bambino, ecc…ma sono tutti risolvibili. L’avere “poco latte”, come dicono le nonne e le vicine di casa, è un evento estremamente raro e non dovrebbe essere il motivo per far cessare un allattamento, come invece purtroppo spesso succede.

Molte mamme arrivano al parto senza aver mai tenuto in braccio un neonato e senza aver ma visto un’altra donna allattare. Siamo ancora ben lontani dalla cultura dell’allattamento nella quale sono nate le nostre nonne, quando non c’erano persone saccenti che elargivano consigli inappropriati, ma solo donne che avevano allattato e che sapevano per esperienza diretta cosa aveva funzionato.

All’epoca l’allattamento doveva partire, altrimenti il bambino rischiava di morire di fame e nessuno aveva la farmacia sotto casa dove comprare latte artificiale e biberon. Quando una madre partoriva doveva rispettare la “quarantia”, cioè stare in casa, spesso a letto con il bambino, occuparsi solo di lui e far partire l’allattamento. Oggi, appena partorito, sembriamo tutte wonder-woman con mantello e tacchi alti…

Noi donne siamo infondo mammiferi che da sempre abbiamo allattato i nostri cuccioli, ma purtroppo ci sentiamo continuamente ripetere che allattare è una “fortuna”.  Questo è purtroppo  il pensiero della maggior parte delle persone, per allattare è invece essenziale informarsi ed avere vicino persone qualificate a cui far riferimento e che possano sostenere la nostra scelta.