I bambini pretermine e l’allattamento

Durante la gravidanza, la donna si prepara alla nascita: immagina come sarà il suo bambino, come andrà il parto, come saranno i primi contatti, i primi sguardi…la nascita, prima del termine fisiologico della gravidanza, può bloccare questo naturale processo; la donna può ritrovarsi ad essere madre in modo brusco, improvviso, inaspettato, diverso da come lo aveva immaginato. Se il bambino ha bisogno di cure che lo tengono lontano dalla madre, lei può sentire un senso di solitudine e di vuoto, senza il bambino nel pancione e senza il bambino accanto a sé, vivendo una sorta di “lutto”. Se il parto avviene molto precocemente, ci può essere paura per la vita stessa del bambino.

La madre spesso prova sensazioni di inadeguatezza, d incapacità per non essere riuscita a portare a termine la gravidanza, di colpa, di rabbia o paura, pensa se non sia “colpa sua”, si chiede se avesse potuto fare o non fare qualcosa che avrebbe evitato questo evento…

Tramite la possibilità di fornire il proprio latte al bambino, molte madri sentono di essere ricollegate in qualche modo al piccolo, hanno la giustificata sensazione di fare qualcosa di importante che nessun altro può fare per lui.

Definizione di pretermine

Un neonato si definisce pretermine quando nasce prima della 37a settimana di gestazione.

Vi sono anche bambini piccoli per età gestazionale o pretermine grandi per età gestazionale. Chiaramente un bambino che nasce di 37 settimane con un peso di tre chili sarà diverso da quello nato di 38, ma con peso estremamente basso per la sua età.

I pretermine si classificano in tre categorie:

Basso peso alla nascita < 2500g

Peso molto basso alla nascita < 1500g

Peso estremamente basso alla nascita < 1250 g.

Importanza del latte materno

A seconda dell’età gestazionale e del peso alla nascita, un bambino presenterà più o meno difficoltà nel nutrirsi (o nella possibilità di farlo), incontrerà  diverse sfide relative alla capacità di respirare da solo, di mantenere stabile la temperatura corporea ecc…

Per tutti questi bimbi il latte materno è, se possibile, ancora più vitale che per gli altri bambini. Il latte materno delle madri dei bambini prematuri differisce da quello delle madri che partoriscono a termine: ha più proteine, grassi (quindi energia), sodio, cloro, potassio, magnesio e ferro, tutte sostanze di cui questi bambini hanno più bisogno rispetto ad un bambino nato a termine.

Il latte delle madri dei bambini di peso superiore a 1500g o di più di 32 settimane, soddisfa l’intero fabbisogno nutrizionale di questi bambini, che necessitano di circa 160-180 ml/kg al giorno di latte.

Per i bambini sotto questo peso, le proteine e il fosforo non sono sufficienti quindi sono aggiunte al latte materno tirato che, quindi, viene detto “latte fortificato”. Il latte fortificato presenta dei rischi (vedi in seguito), ma, come sempre, vanno valutati caso per caso i benefici di tali integrazioni contro gli eventuali rischi.

Un suggerimento che può risultare utile quando si offre latte tirato, è quello di dare per primo il latte spremuto per ultimo, più ricco di grassi, utili per la crescita.

Poiché i bambini pretermine sono più soggetti a patologie respiratorie e gastrointestinali, il latte materno è di vitale importanza per loro; ha proprietà immunologiche e anti-infettive che il latte artificiale non possiede.

Usare latte artificiale o latte fortificato espone il bambino a: 

  • maggior rischio di contaminazione del latte
  • esposizione a proteine estranee, con possibile insorgenza di allergie e diabete mellito
  • rallentamento della digestione, con possibile intolleranza ai pasti
  • aumento del rischio di patologie intestinali
  • neutralizzazione di proteine anti-infettive, come la lattoferrina, presente nel latte materno
  • maggior tempo prima di riuscire ad alimentare il bambino per via orale
  • ridotta attività della lattasi (enzima che scinde il lattosio per permetterne la digestione)
  • maggior rischio di infezioni come: salmonella, Escherichia Coli, Pseudomonas aeruginosafra, enterocolite necrotizzante, una patologia molto grave (necrosi della lamina mucosa dell’intestino, con conseguenza che vanno dall’intolleranza all’alimentazione, a perforazione intestinale, peritonite, collasso cardiovascolare e morte). Nel latte materno sono stati rilevati gli anticorpi per queste infezioni. La enterocolite necrotizzante colpisce i pretermine nel 70-90% dei casi e la causa principale è l’alimentazione con latte artificiale.          

Nel latte materno sono presenti anticorpi (SigA), macrofagi, linfociti, bifidobatteri, molecole con proprietà antibatteriche, fattori di crescita dell’epidermide  con effetti terapeutici sulle lesioni della mucosa gastrointestinale (nel latte di madri di bambini estremamente pretermine ve ne è una maggiore concentrazione). La madre, inoltre, se può restare a lungo nell’ambiente in cui è ricoverato il suo bambino, svilupperà anticorpi specifici contro i batteri presenti nell’ospedale.

La mamma di un bambino pretermine, potrebbe provare sentimenti contrastanti circa la spremitura del suo latte, ma, sapere che nessun altro può fornire al suo bambino ciò che lei può dargli col suo latte, e sapere che il suo bambino cresce e resta in salute grazie a questo, può aiutarla ad aumentare la propria autostima, la fiducia in se stessa e negli esiti positivi per la salute del suo bambino, nonché proteggere dalla depressione che a volte colpisce le madri dei pretermine. Tirarsi il latte può anche essere un modo per sentirsi vicina al suo bambino. È importante che la madre discuta i suoi sentimenti, non ché dell’importanza del suo latte col personale che si prende cura del bambino, perché entrambi possano lavorare insieme con l’obiettivo di fornire le migliori cure possibili al piccolo.

Contatto pelle-a-pelle, terapia canguro (kangaroo-mother care), costruzione del legame (bonding)

Poiché la separazione mamma-bambino aumenta il rischio di disfunzione nella relazione, aumenta la frequenza cardiaca e respiratoria e fa salire di circa 10 volte il livello degli ormoni dello stress, sarebbe importante, dove possibile, che, subito dopo il parto, il bambino potesse stare, anche solo pochi minuti, a contatto pelle-a-pelle con la mamma.

La “terapia canguro” o kangaroo mother care, introdotta nel 1979 nell’ospedale di Bogotà (Colombia), come sostituto delle incubatrici in numero non sufficiente nella struttura e si è rilevata la forma migliore di accudimento dei pretermine, anche di peso molto basso, sia stabili, che collegati a respiratori e/o sondini.

Il bambino viene messo col solo pannolino verticalmente sul petto nudo della madre, tra i seni, ed entrambi sono poi avvolti in una coperta o in un maglia. Le braccia e le gambe del bambino sono raccolte, flesse, la pancia è a contatto col corpo della madre.

Questo contatto aumenta l’affettività delle madri, le quali sono meno depresse e toccano di più il bambino. I bambini sono più vigili, possono incrociare lo sguardo della madre, poppare (se l’allattamento è partito), hanno la temperatura corporea più stabile che nelle incubatrici, battito cardiaco e respiro regolari e ottimali, crescono di più e diminuiscono i tempi di passaggio all’allattamento diretto; inoltre allevia il dolore che alcune terapie possono provocare.

I bambini con cui non è possibile effettuare la kangaroo mother care sono quelli nati prima delle 27 settimane gestazionali e di peso inferiore al chilo, quelli gravemente instabili, quelli appena operati, quelli con drenaggi per ferite di grosse dimensioni.

Inizio della lattazione

La madre andrebbe aiutata ed incoraggiata a cominciare la spremitura manuale entro sei ore dal parto, per almeno otto volte al giorno, con l’obiettivo di arrivare ad una produzione di 600ml al giorno in decima giornata.  Alcune TIN suggeriscono un numero maggiore di sessioni di spremitura, tuttavia il numero può essere adattato alla produzione materna: ad alcune donne saranno sufficienti 8 volte, ad altre potrebbero essere necessarie 10-12 volte al giorno.

Per cominciare a tirare il latte, quando le quantità sono minime, si è rivelata molto più efficace l’estrazione manuale: stimola meglio il riflesso di emissione e non crea traumi al seno.

Via via che la produzione aumenta può essere utile un tiralatte elettrico a doppio attacco, che permette di dimezzare i tempi di estrazione e stimola livelli più alti di prolattina.

Un buon tiralatte dovrebbe avere un ritmo di 40-60 suzioni al minuto e la coppetta dovrebbe accogliere comodamente il capezzolo, senza però aspirare al suo interno una porzione troppo ampia di seno.

Spesso, dopo circa sei settimane di uso del tiralatte, può esserci un calo nella produzione. In questo caso è possibile provare l’uso di un galattogogo (farmaco o erba che aumenta la produzione di latte)  e aumentare le sedute di tiralatte.

Le mamme trovano utile, per stimolare il riflesso di emissione, guardare una foto del bambino, mentre tirano il latte, un indumento del piccolo, fare un massaggio del seno, o anche un massaggio della schiena da parte del partner, effettuato con leggeri movimenti rotatori delle nocche all’altezza delle scapole, vicino alla colonna vertebrale.

Se la mamma si tira il latte in ospedale, potrebbe aver bisogno di un luogo appartato, tranquillo. A volte basta un semplice paravento.

Cominciare l’allattamento

 Un tempo si pensava che un bambino nato prima delle 35-40 settimane, fosse incapace di poppare al seno e veniva suggerito alle madri dei pretermine di attendere una certa età gestazionale, un certo peso o lo stabilirsi della nutrizione al biberon prima di provare l’allattamento.

Le ricerche hanno dimostrato che bambini di 32 settimane, con peso intorno ai 1300g, sono capaci di poppare e che poppare al seno è meno stressante dell’alimentazione al biberon, perché al seno i bambini possono regolare il flusso del latte e quindi la respirazione, con meno episodi di apnea e una migliore ossigenazione.

Altri studi hanno dimostrato che l’alimentazione col biberon causa desaturazione di ossigeno, mentre, come si è detto, i livelli nei bambini allattati rimangono alti.

Per questo motivo, se è necessario dare al bambino delle integrazioni di latte materno (o dalla banca del latte o, in ultima istanza, latte formulato), si preferisce usare il bicchierino o altro metodo alternativo di alimentazione.

Per una panoramica completa sui vari modi di somministrare il latte ad un bambino, leggi questo articolo:

 Come dare integrazioni di latte

 Si è visto che il riflesso di ricerca del seno è presente già a 28 settimane e che alcuni bambini sono già capaci di succhiare al seno a quell’età e che a 30 settimane presentano schemi di suzione organizzati.

Alcuni ricercatori suggeriscono di cominciare porgendo al bambino un seno “svuotato” per utilizzare la suzione non nutritiva come sostituto del ciuccio nei bambini nutriti con sondino.

Altri ricercatori affermano che questo passo non è necessario e che anche i pretermine molto piccoli possono succhiare da un seno pieno.

Quando la madre si appresta a provare la prima poppata, sarebbe importante che il personale crei per lei un ambiente e un clima rilassato, riservato e sereno: anche solo un paravento e una poltrona comoda potrebbero garantire alla mamma quel minimo di privacy necessaria per entrare in contatto col bambino, rilassarsi e provare ad allattare.

Durante la prima poppata potrebbe essere necessario monitorare il bambino per controllare respiro, battito cardiaco, ossigenazione…

Dato che il pretermine non ha sufficiente tono muscolare per mantenere stabile la sua posizione al seno, occorre sostenerlo in posizioni che gli permettano un buon supporto per schiena e testa. 

La posizione leggermente reclinata all’indietro (biological nurturing) col bambino a pancia in giù sulla madre, funziona bene, aiutando il bambino anche a prendere un bel boccone di seno e permettendo una migliore ossigenazione.

Se la madre non si trova bene o non ha un posto per distendersi,  può effettuare la poppata tenendo il bambino con la mano opposta al seno che sta offrendo, in modo da sorreggere spalle e base della testa. Il bambino deve essere ben sostenuto, col corpo rivolto verso la madre, col capezzolo vicino al naso e il meno ben appoggiato al seno.

I pretermine sono molto sensibili alla stimolazione, per cui è utile non sovrastimolarli, evitando di carezzare o picchiettare il loro corpo.

Se prima della poppata la mamma può effettuare a lungo la kangaroo mother care, le sarà più facile riconoscere i segnali che indicano che il bambino è pronto per poppare.

Contrariamente a quanto avviene con i bambini sani, nati a termine, per questi bambini può essere importante misurare quanto latte assumono, per evitare di sovralimentarli con le aggiunte. La bilancia deve avere una precisione di 1-2 grammi per poter effettuare una misurazione accurata.

Probabilmente ci sarà bisogno di integrazioni di latte tirato per un certo periodo.

Ad una mamma può essere detto di limitare tempo e frequenza della poppate, ma non ci sono evidenze a supporto di questa pratica. Oltretutto, un pretermine può aver bisogno di fare molte pause, per cui limitare il tempo può impedirgli di assumere tutto il latte che gli serve.

A causa della facilità con cui i pretermine vanno in iperstimolazione, cambiare seno può disturbarli, per cui può essere meglio lasciarli poppare ad un seno solo. Ma se, alla fine della poppata, è ancora sveglio e attivo, si può provare ad offrirgli l’altro.

Uno strumento che si è rivelato utile per aiutare i bambini che perdono spesso la presa al seno, è il paracapezzolo. Una ricerca ha dimostrato che, con questo ausilio, i bambini restavano al seno di più, facevano poppate più efficaci e prendevano più latte. Questo è dovuto principalmente al fatto che i pretermine hanno scarso tono muscolare e scarsi cuscinetti adiposi sulle guance, per cui resta loro difficile mantenere la presa sul seno a lungo, modellando il seno all’interno della bocca. Col paracapezzolo non devono fare questo tipo di lavoro, in quanto il seno è già modellato sulla forma del paracapezzolo.

Anche quando la madre comincia ad attaccare il bambino al seno, può essere necessario proseguire l’uso del tiralatte, così che eventuali integrazioni possano essere fatte col latte materno e la madre mantenga una buona produzione. Il tempo in cui avverrà il passaggio all’allattamento esclusivo, dipenderà non solo dalla produzione di latte, ma anche dallo stato di salute del bambino e da quanta pratica ha potuto fare al seno; per questo è importante che sia data spesso al bambino la possibilità di stare al seno.

Ci sono studi che mostrano come i bambini di 28 settimane presentino già il riflesso di ricerca del seno e riescano a tenerlo in bocca, arrivando ad assumere latte intorno alla 30a settimana, per arrivare all’allattamento esclusivo alla 36a.

Ci sono alcune cose a cui prestare attenzione per aiutare il bambino a poppare al seno: 

▪  stimolare il riflesso di ricerca: se il bambino non mostra questo riflesso da solo, sfiorare le sue labbra col capezzolo o col dito può aiutarlo

▪ aiutare il bambino a prendere un bel boccone di seno e non solo il capezzolo, con le tecniche descritte in precedenza

▪ sostenerlo per aiutarlo a restare al seno

▪ stimolarlo a poppare se fa pause troppo lunghe toccandogli le mani e parlandogli

▪ cercare di sentire il bambino deglutire

Per i primi tempi potrebbe essere necessario seguire un ritmo non dettato dalla richiesta, ad esempio ogni una o due ore, monitorando la quantità di latte e integrando se il pediatra ha valutato, per quel bambino, una dose superiore.

Via via che le poppate diventano più efficaci, si può passare all’allattamento a richiesta del bambino, monitorando il peso ogni 1-3 giorni ed evitando la doppia pesata.

Comunque, sia che la mamma continui a fare la doppia pesata, sia che la sospenda, è importante controllare la crescita, che dovrebbe essere un minimo di 15-30g al giorno.

Il ritorno a casa

Se in ospedale, alla mamma, non è stato possibile effettuare il contatto pelle-a-pelle frequente col bambino, questo è il momento in cui cominciare, per prendere confidenza col piccolo, ricreare il legame e imparare a riconoscere i suoi segnali.

Alcuni ospedali offrono un servizio di sostegno e aiuto a casa per un certo periodo; questo può essere di aiuto mentre si prende fiducia nelle proprie capacità di accudire il bambino. Anche il sostegno e le informazioni ricevute da un’IBCLC possono aiutare la madre nel momento in cui si ritrova da sola, a casa, col neonato.

I primi tempi a casa possono essere estremamente stancanti, dato che questi bambini necessitano di accudimento 24 ore su 24 e di essere tenuti pelle-a-pelle quasi costantemente.

È quindi importante che qualcuno possa sollevare la madre da tutti quei compiti che non siano l’accudimento del bambino e che le visite di parenti e amici, se non sono fatte per portare aiuto pratico, siano ridotte al minimo.

Anche una volta tornati a casa è importante monitorare la crescita, con una bilancia che abbia uno scarto massimo di 2 grammi.

È possibile che per i pretermine di peso molto basso siano ancora raccomandate fortificazioni aggiunte al latte materno, poiché non hanno potuto immagazzinare alcuni elementi, come il ferro, durante la gestazione. Le integrazioni di ferro sono sempre raccomandate per questi bambini.

Paola M.

IBCLC – Firenze