Eccoci qui, davanti alla “prova bilancia”.
La sentenza arriva come un colpo di pugnale al petto: “non è cresciuta/o abbastanza, il tuo latte non basta/non è buono”
Quello che la mamma recepisce, in una fase di questo tipo, è in realtà: “non sono una brava mamma, non sono stata capace di nutrire mio figlio”
A quel punto la razionalità, la capacità di analizzare ciò che ci viene detto o di pensare a delle soluzioni può… “andare a farsi friggere” e possiamo anche dare credito a suggerimenti del tipo: “inseriamo un vasetto di omogeneizzato alla frutta fra le poppate”.
Difficile restare lucide e pensare che l’OMS afferma che l’introduzione dei cibi diversi dal latte vada fatta a partire dal sesto mese compiuto, difficile pensare che, se cerchi di far prendere peso a qualcuno, non gli dici di mangiare frutta (soprattutto gli omogeneizzati, che della frutta hanno solo il ricordo).
Così comincia la lotta: un bambino che non riesce a stare seduto e devi tenere in braccio. Un bambino che non riesce ad inghiottire ciò che gli offriamo (i neonati hanno un naturale riflesso, detto di estrusione, che li porta a spingere fuori dalla bocca tutto ciò che non è da succhiare come un seno. È una protezione naturale per evitare proprio che un bambino inghiotta qualcosa quando il suo organismo non è pronto e deve solo succhiare latte materno). Un bambino che piange perché non vuole “quella roba” e non capisce cosa stia succedendo. Una mamma che piange perché pensa che se il suo bambino non mangerà quella frutta non starà bene. Una situazione frustrante per entrambi.
Il risultato sarà un bambino che continuerà a non crescere e una mamma frustrata che penserà che suo figlio la rifiuta, che a suo figlio “non piace niente”, che passerà un’ora a cercare di infilare qualcosa in bocca ad un bambino che, semplicemente, non è pronto per i cibi solidi (per “cibi solidi” si intende tutto ciò che non è latte. Il fatto che l’omogeneizzato di frutta sia semiliquido, non lo rende un cibo adatto ad un neonato!).
Cosa fare, allora, se ci dicono che nostro figlio non è cresciuto ABBASTANZA?
Chiedere al pediatra un bilancio di salute. Osservare quali tabelle vengono usate. Ci sono le ultime curva di crescita redatte dall’OMS per valutare l’accrescimento ponderale e in lunghezza nei bambini allattati. Un pediatra deve basarsi su quelle. Osservare il bambino, il suo stato di salute generale (un bambino che non sta bene non avrà appetito e non crescerà bene). Controllare che evacuazioni e minzioni siano nella norma (5-6 pannolini ben bagnati di pipì inodore e incolore e 3-4 evacuazioni giallo ocra e cremose nelle prime settimane di vita, che possono passare ad un paio la settimana dopo le sei settimane di vita). Valutare anche la costituzione dei genitori. Valutare, – cosa, questa, molto importante – la gestione dell’allattamento e la suzione del bambino. Un bambino che non può accedere al seno quando e per quanto tempo necessita o un bambino che ha qualche difficoltà di suzione-attacco-deglutizione non riuscirà ad assumere tutto il latte necessario. Inoltre occorre valutare anche come sta la mamma: se la mamma soffre di ipotiroidismo, ad esempio, andranno fatti accertamenti per capire se i livelli di ormoni tiroidei siano nella norma; se la mamma ha avuto operazioni al seno ecc…
In pratica: valutare se esistono tutte le condizioni per affermare che l’allattamento sta procedendo in modo fisiologico.
Non serve la frutta a due mesi e mezzo. Ma nemmeno a quattro.
Non serve, se non in casi particolari, l’aggiunta di latte artificiale.
Molto spesso non serve fare nulla, se non permettere al nostro bambino di poppare liberamente.
Paola M.
IBCLC – Firenze