Cinque o sei cose da sepere prima di parlare di allattamento a termine

Ovvero, chi ha paura della norma biologica?

Molte di noi si sono imbattute navigando nel web in questo articolo: http://www.huffingtonpost.it/2015/05/25/allatta-la-figlia-di-6-anni-e-dice-no-al-vaccino_n_7436050.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001


Sostanzialmente racconta di questa mamma che allatta la sua bambina di sei anni e che manifesta l’intenzione di continuare a farlo. Si tratta di un articolo breve, essenziale, ma credo volutamente arricchito di una terminologia e un tono piuttosto radicali. 

Qualcuno mi ha chiesto di dire cosa ne pensavo: ciò che mi ha colpito di più sono i commenti scatenatisi sul web in seguito alla sua pubblicazione, spesso non competenti: ho deciso quindi di dare qui qualche punto fermo relativo all’allattamento a termine, in modo da aiutare ad affrontare con cognizione di causa questo -ahimè e per fortuna- sempre più chiacchierato argomento.

La premessa che sento di dover fare  è che ogni allattamento è diverso e ogni coppia mamma bambino lo fa come sente meglio. Non c”è un allattamento uguale all’altro, dunque, perchè  ogni singola persona è diversa e si rapporta con ambienti ed esperienze molto differenti. Può succedere così che alcune donne scelgano di accompagnare il loro bambino verso la fine naturale di questa fase, che è rappresentata dal momento in cui è il bambino che si stacca dal seno.

Se entriamo nel vivo dell’argomento, è importante poi sapere che:

1) Allattare non è per sempre, ma ha un termine, una fine. Il bambino supera questa fase di interesse per l’allattamento a partire dai 2 anni fino ai 7/8, con il picco degli svezzamenti spontanei intorno ai 3/4. Attraverso questa pratica si veicola parte del potenziale in salute psico fisica di un bimbo e anche della madre. Quando non serve più dal punto di vista biologico, mamma e bambino passano in modo armonioso ad un’altra fase della loro relazione.

Se avete dubbi su questo, pensate che non è niente di diverso rispetto a come i denti “da latte” cadono in tempi diversi per ogni bambino e lasciano gradualmente – e sempre con tempi individualmente diversi – il posto a quelli permanenti.

2) Le mamme che allattano a termine non hanno le antenne verdi in testa, contrassegni speciali sul petto, stigmate evidenti; non lo hanno nè loro, ne i loro bambini.

Ho conosciuto e conosco molte mamme che hanno allattato e a allattano un bimbo in età prescolare o anche scolare e sono sicura che le conoscete anche voi, ma non facendo il mio lavoro probabilmente non avete sentore di questo dettaglio della loro vita. E, comunque… Perchè mai dovreste?

3) Come ogni rapporto d’amore, l’allattamento è legato alla sfera intima: se il bambino ha bisogno di essere allattato tanto spesso per cui questa pratica diventa necessariamente pubblica, ricordiamoci che per noi umani non c’è niente di più intimo dell’abbraccio della mamma, dopo l’utero materno.

4) Allattare non è una prestazione, ma una relazione. Non sarà rendendo questo gesto una gara a chi fa di più o a chi fa meglio che renderemo l’allattamento più accettato e condiviso.

Anche la promozione di ipotetiche quantità, qualità o tempi “giusti” di allattamento non è proficua quanto la protezione di ogni singola goccia di latte materno che può essere donata ad ogni singolo bambino.

5) Allattare non è mai un abuso, per il semplice motivo che allattare è una relazione d’ amore: come tutte le relazioni basata su questo sentimento è continuamente rinegoziata in base al benessere di entrambi i componenti della coppia.

Detto questo, sarà più facile capire che ciò che stanno facendo queste due donne non è certo una notizia. Questa bambina sta avendo attraverso il seno di sua madre ciò di cui ha bisogno e questa mamma è felice di allattare la sua bimba. Il resto non ci dovrebbe interessare.

L’articolo siamo liberi di leggerlo o di non leggerlo, di commentarlo o meno, di scandagliare o meno le foto in cerca di un dettaglio morboso e di un aspetto da giudicare, ma sapendo che non c’è proprio da pensare di mettere in discussione la biologia umana.

Se proprio c’è una considerazione che mi viene da fare, rispetto a quanto leggo in questo articolo, è sulla necessità da parte della madre di esporsi, di pubblicare le foto, di fare queste dichiarazioni e sull’impatto che cercano i giornalisti, pubblicandoli ed enfatizzandoli.

Io so che alcune donne, in alcune fasi del loro allattamento, sentono il bisogno di gridare al mondo che sono capaci di allattare. Forse è per reazione a coloro che affermavano che non avevano latte o che era acqua, o che il loro seno non era adatto?

So che alcune donne sentono di dover manifestare apertamente la loro felicità nell’allattare, il loro orgoglio, l’amore per il loro bambino e anche di mostrare la bellezza e la femminilità del loro corpo. Forse è per controbattere a chi ha detto loro che essere madri e allattare è solo una schiavitù, che l’allattamento abbrutisce, imbruttisce, logora?

So anche che alcune madri si sentono di testimoniare che il loro bambino allattato è felice, vispo, sano, che è affettuoso, empatico. Forse è per controbattere a chi diceva che allattandolo lo avrebbero reso viziato, dipendente, poco autonomo?

Su questi aspetti, secondo me, occorre davvero riflettere e prendere una posizione: qui non si tratta di scomodare la biologia, ma di rifondare la cultura.